«Dai grandi ai piccoli Festival. Qual è la loro vera funzione?», Andrea Bisicchia (La Libertà di Sicilia)
Andrea Bisicchia, «La Libertà di Sicilia», 31 luglio 2022
Dai grandi Festival, quelli di Siracusa, Spoleto, Roma-Europa, Napoli, ai piccoli Festival di Santarcangelo, Mittelfest, Castiglioncello, Scena Verticale, San Miniato, qual è, oggi, la loro vera funzione?
Siamo reduci dal Festival di Santarcangelo, quest’anno sotto la direzione del polacco Tomasz Kirenczuk, che, tra rito e documento, ha cercato di dare una svolta a un Festival che, per anni, era stato punto di riferimento anche per i critici dei grandi quotidiani che ormai da tempo lo disertano, come disertano altri Festival un tempo importanti.
Ci sarà un motivo? Si fa presto a dire che i Festival risentano la stessa crisi dei teatri istituzionalizzati, ai quali, spesso si affidano, per non scomparire del tutto. In verità, si tratta di una crisi di identità e, di conseguenza, di progettazione, ma si tratta, anche, di una crisi di creatività, la stessa che, da sempre, ha caratterizzato l’avventura di un Festival. L’argomento fu trattato in un Seminario svoltosi, nel 2018, al Teatro Metastasio di Prato, del quale, con molto ritardo, sono stati ora pubblicati, da Cue Press, gli Atti, col titolo La funzione culturale dei Festival, a cura di Edoardo Donatini e Gerardo Guccini. Moltissimi erano stati gli ospiti, da Andrea Nanni a Velia Papi, da Luca Ricci a Maddalena Giovannelli, Graziano Graziani, Roberta Ferraresi, da Fabio Masi a Fabio Acca, da Massimo Marino a Barbara Regondi, tutti disposti, come si vede anche dalla iconografia, presente nel volume, in senso circolare, come se partecipassero a una Agorà e tutti attenti a raccontare le proprie esperienze, le proprie visioni, impegnandosi a dare una diversa lettura di cosa debba intendersi, oggi, per Festival, senza limitarsi a semplici definizioni lessicali.
Le domande, a cui hanno cercato di dare delle risposte, vertevano sul senso di un Festival nel terzo millennio inoltrato, sul rapporto col pubblico, sia delle comunità locali che di quello che viene da lontano, sui concetti di multidisciplinareità, di transdisciplinarietà, di trasversalità, ormai alquanto logori, sulla loro utilità per una nuova generazione di artisti, sulla crisi attuale, dovuta a fattori diversi: assenza di provocatorietà e di controcultura, dato che, tutto si limita, ormai, a una programmazione raccogliticcia, con i soliti amici, sulla assenza di quella volontà di ricerca che, nel passato, li aveva caratterizzati, tanto che la domanda spontanea che ne consegue è: che ruolo culturale possono avere ancora i Festival e in che modo possa essere giustificata la loro presenza. Se la ricerca, si fa per dire, tende a una particolare forma di istituzionalizzazione, questa finirà per rinunziare alla sua carica eversiva e a quel senso di rivolta che dovrebbe caratterizzare i piccoli Festival, per distinguerli dai grandi, come quello del Teatro Greco di Siracusa, di Spoleto, di Roma Europa Festival, di Napoli che possono usufruire di ingenti sovvenzioni che si aggirano sui venti milioni di euro, messi a disposizione dallo Stato e dalle Regioni. Insomma, i piccoli non dovrebbero guardare i grandi e scimmiottarli, debbono rimanere degli avamposti, con una ferrea vocazione alternativa, debbono diversificarsi ed esprimere una loro eccezionalità e necessità, debbono liberarsi dagli ostacoli prodotti da interessi politici, dagli assessori o sindaci che ritengano, anche un piccolo Festival, un'occasione turistica quella, per esempio, richiesta a Scena Verticale, unica realtà calabra, che ha sempre costruito un Festival dove era possibile incontrare ancora critici dei grandi quotidiani. I piccoli non hanno i numeri dei grandi Festival, non hanno margini economici per incrementare il turismo. Allora, come fare per evitare la trasformazione di un luogo adibito a Festival dal diventare un ghetto?
Dal momento in cui non hanno mercato, non hanno consumi, non percepiscono profitti, in che modo possono sottoporsi al concetto di mercificazione indicato dagli assessori di turno? Eppure, una volta, i Festival erano degli osservatori importanti, si caratterizzavano per una loro sostenibilità culturale e sociale, persino per aver dato un senso al concetto di festa, laico o religioso che sia, vedi la parabola discendente del Festival di San Miniato, anche perché, nello svilimento nazionale, persino il concetto di festa si è immiserito.